Il Massofisioterapista, come la fenice, rinasce dalle proprie ceneri.
Quella del massofisioterapista è una delle figure più controverse del comparto sanitario: non si contano le pronunce giurisprudenziali che, con andamento ondivago, ne regolano da decenni le sorti.
Solo per citare i precedenti più recenti, con la sentenza n. 16 del 9 novembre 2018 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha risolto (in senso negativo) il contrasto, giurisprudenziale e tra Atenei, riguardante la possibilità per i massofisioterapisti in possesso di diploma triennale rilasciato ai sensi della legge n. 403/1971 di iscriversi ad anni successivi al primo della facoltà di fisioterapia, evitando il test di ingresso. O ancora, le recentissime sentenze gemelle con le quali il TAR Lazio 1 ha rigettato i ricorsi avverso il Decreto del Ministero della Salute del 09/08/2019, avanzati dai massofisioterapisti non in possesso del requisito dei 36 mesi di attività negli ultimi dieci anni alla data del 31/12/2018, necessario per l’iscrizione negli elenchi speciali ad esaurimento istituiti dallo stesso decreto presso i relativi Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (TRSM – PSTRP) territorialmente competenti.
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha invece riformato la sentenza n. 48/2021 dell’8 febbraio 2021, con la quale il TAR Umbria aveva rigettato il ricorso avanzato da un istituto di formazione per massofisioterapisti per ottenere l’annullamento dei provvedimenti con i quali la Regione aveva revocato l’autorizzazione allo svolgimento dei corsi per massaggiatore massofisioterapista, rilasciata allo stesso istituto per gli anni formativi 2019/2020 e 2020/2021.
La revoca era stata disposta a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 542 della L. n. 145 del 30/12/2018 2, il quale ha disposto l’abrogazione dell’articolo 1, 1° comma della Legge 19/05/1971, n. 403, che stabiliva che “La professione sanitaria di massaggiatore e massofisioterapista è esercitabile soltanto dai massaggiatori e massofisioterapisti diplomati da una scuola di massaggio e massofisioterapia statale o autorizzata con decreto del Ministro per la sanità, sia che lavorino alle dipendenze di enti ospedalieri e di istituti privati, sia che esercitino la professione autonomamente”. Secondo la Regione, infatti, tale abrogazione avrebbe comportato la soppressione della figura del massofisioterapista a far data dal 1° gennaio 2019, con la conseguenza che l’Ente non avrebbe più potuto autorizzare corsi organizzati dall’istituto di formazione ai sensi della norma abrogata.
In totale rottura con la decisione del TAR Umbria, il Consiglio di Stato ha integralmente riformato la sentenza gravata accedendo a “un’interpretazione alternativa, certamente plausibile e maggiormente conservativa degli interessi rappresentati dalla parte … ricorrente” 3, secondo la quale ad essere stata soppressa non è la figura del massofisioterapista, ma la sua qualificazione quale professione sanitaria.
La motivazione poggia essenzialmente su tre ordini di ragioni.
Il Collegio muove, anzitutto, dal rilievo dell’inidoneità della “Relazione illustrativa alla legge di bilancio” 4 e del “Dossier 27 dicembre 2018 – legge bilancio 2019” 5, fonti documentali dalle quali il TAR Umbria aveva principalmente tratto il proprio convincimento, a costituire canone interpretativo dell’intervento abrogativo. Richiamati infatti i presupposti in base ai quali all’interprete è consentito fare ricorso ai lavori preparatori (i.e. l’ambigua formulazione della norma e il carattere sussidiario rispetto ad altri canoni ed elementi interpretativi che comunque debbono emergere dalla norma medesima)